Il pensiero e l’azione. Possono essere molto diversi a seconda di quello che li muove e li origina. A volte lasciamo vagare la mente senza regole e senza mete precise; così, spesso, il nostro agire è pilotato da superficialità o incoerenza. Ci siamo ma non ci siamo.
Che cosa determina la differenza? La presenza. O meglio, la presenza del cuore.
Tutto dovrebbe passare dal cuore.
Per molti popoli e in diverse epoche, nel Medioevo in particolare, si pensava che il cuore fosse il centro di ogni stato d’animo e sensazione. Dal cuore si dipartiva lo spirito vitale di corpo e anima.
Oggi sul cuore, come muscolo e organo vitale, sappiamo tutto. Ma ci dimentichiamo quanto sia importante focalizzarci sulla sua presenza in ciò che pensiamo e facciamo. Vale anche per gli abiti, gli oggetti, gli accessori: nulla ha valore se prima non ha vissuto assieme a noi, se non ha partecipato della nostra stessa vita.
Non dovremmo acquistare alcunché se non spinti da una forza interiore che ci conduca verso il buono per noi e la cura della nostra immagine. Del resto, non parte forse dal cuore l’Amore che proviamo per chi amiamo e per noi stessi? Sappiamo che sono tanti e diversi i meccanismi che regolano i sentimenti umani, abbiamo ben chiaro il ruolo del cervello eppure il cuore rimane centrale quando pensiamo al sentire.
Dovremmo pensarci quando investiamo denaro nella cura personale, dall’estetica all’abbigliamento, passando per accessori senza i quali non usciamo di casa e grazie ai quali viviamo la vita che desideriamo perché ci aiutano a renderla somigliante a ciò che siamo.
Che cosa significa tutto questo?
Come scegliamo ciò che acquistiamo, in che modo decidiamo cosa tenere e di cosa liberarci?
C’è qualcosa di più della ragione che ci conduce alle decisioni, qualcosa di apparentemente inspiegabile.
È un silenzio interiore che parla di sensazioni che ci collegano al vissuto, ai ricordi, a un album fotografico che appare davanti ai nostri occhi, una pellicola che si svolge e riavvolge ininterrottamente a ricordarci chi siamo.
Ascoltare queste sensazioni ci guida a scegliere quello che fa per noi e, nello stesso tempo, a sgravarci di ciò che non ci appartiene più.
Volti, sguardi, momenti, luoghi: tutto è riconducibile al cuore. Così gli abiti nell’armadio, gli oggetti sulle mensole o nei cassetti. Basta stare in ascolto. Ogni cosa che si tocca ci parla delle emozioni vissute.
L’armadio racchiude chi siamo: conserva taciturno le nostre scelte, gli abiti nuovi ancora con l’etichetta, i maglioni lisi a rammentarci un momento passato e forse a sottolineare la nostra paura di allontanarci da un luogo sicuro. E poi, abbigliamento regalato, donato, ricevuto in eredità. Uno scrigno di memorie. È come se, dentro lo stesso armadio, altre esistenze continuassero a convivere, per decenni, a volte per secoli, indisturbate. Creano storie nuove o ripropongono quelle già vissute.
Nell’armadio c’è il cuore, come un diamante nelle sue varie sfaccettature.
Un cuore che conserva ogni testimonianza lasciata dal tempo, dall’esperienza, dai sogni, dalle aspirazioni, dalle persone.
Il cuore si fa presenza nell’armadio: ci sono oggetti appartenuti alla nostra famiglia d’origine, carichi del loro bagaglio di vissuto. Sono impregnati del calore dei ricordi da conservare, non possiamo privarcene, fanno parte della dimensione della memoria buona, delle radici che ci sostengono ogni giorno nel mondo. Tra questi, però, abili a nascondersi, ci sono abiti, cappelli, sciarpe, agende, gioielli che emanano vibrazioni pesanti, connesse alla tristezza di un periodo difficile, al dolore, a persone che in realtà dovremmo lasciare andare.
Impara a sentire, sii presente con il cuore: conserva ciò che imprime un segno indelebile di conforto e gioia nella tua vita; congeda con un saluto definitivo tutto quello che al cuore non si ricollega.
Nell’armadio si trovano i vestiti di chi non c’è più, di chi ha lasciato questa vita ma ha impresso un segno indelebile di amore, comprensione, affetto nel nostro cuore, che si fa presenza e che conserviamo come gemme preziose.
E il cuore si fa spirito leggero e gioioso quando si ritrovano i regali degli amici, delle amiche indimenticabili o di quelle che ci hanno appena mandato un whatsapp. Succede anche di ritrovare un ricordo che ci riporta a quella persona che da tempo avremmo voluto chiamare, per prendere un caffé insieme, per capire come mai non ci si è più sentiti.
Che altro troviamo nell’armadio e nei cassetti?
I biglietti dei concerti o dei treni per girare mezza Europa, l’ingresso ai musei, alle mostre, comprati in anticipo per esserci e non fare la fila.
La divisa del lavoro che ci ha accompagnati per così tanto o poco tempo, importa relativamente, ma diventa importante se nella trama del tessuto si è disteso il cuore. Il ruolo che abbiamo svolto, per i buoni colleghi, per ciò che abbiamo raggiunto grazie ad un abbigliamento adeguato, per la competenza e la disponibilità, perché in quell’attività la nostra autostima è cresciuta.
La presenza del cuore si manifesta così, in profondità, in verità.
Quando si risponde a una chiamata, quando si ascolta prima di parlare. È presenza in caso di bisogno – anche economico – di un amico o di un familiare. Rimuginare, provare rancore o risentimento, non concedere o non chiedere perdono: sono distanze siderali dal cuore.
Esserci si esprime con la comprensione, assenza di giudizio: certo, è difficile ma auspicabile tra esseri umani in evoluzione nel bene, nell’amore.
È attenzione verso il prossimo, è parlare al plurale, è mettere “io” al primo posto ma solo per dare il meglio, per donarsi e per saper anche ricevere e ringraziare.
La gratitudine si può manifestare solo dove è presente anche il cuore: una grazia, una benedizione, una sensazione di pienezza nella gioia dell’esserci.
C’è quella forza irrefrenabile che ci spinge oltre, che ci getta avanti, anche verso ciò che è sconosciuto, in un percorso di conoscenza intima, interiore, personale.
La presenza del cuore è inclusività, non è possesso ma libertà.
Solo la presenza nel cuore ci consente di cogliere l’essenza della vita, di sentirci umani.